Pianta spontanea e perenne ormai ben ambientata in Europa ma originaria dell’Asia, il rabarbaro è un arbusto che grazie alle sue molteplici proprietà trova molti impieghi non solo in cucina ma anche in erboristeria e farmacologia.
Le origini
Il “rheum officinale” o “rheum
palmatum” (nome scientifico di questa particolare varietà di rabarbaro) era utilizzato, a quanto pare, già dal 2.700 a.C.
Il nome con cui è attualmente conosciuto sembrerebbe derivare dal greco, dall’unione di due parole: “ra”, che significa pianta, e “barbaron”, che stava ad indicare che tale pianta veniva coltivata tra le tribù barbare. Il significato originario della parola rabarbaro sarebbe quindi quello di “erba barbara” o “erba dei barbari”.
La sua composizione
È composto prevalentemente da acqua (93%) ma anche da carboidrati, zuccheri, proteine e fibre; contiene sali minerali quali calcio, ferro, fosforo, magnesio, manganese, potassio e selenio e alcune vitamine dei gruppi A e B e, in forma ridotta, C D K J; sono inoltre presenti, in misure differenti, acido tannico, acido gallico e acido cinnamico.
Proprietà del rabarbaro
Utile a scopo curativo sono sia le coste che la radice , anche se prevalentemente viene utilizzata quest’ultima, sia fresca che essiccata.
Assunto sotto forma di tisana prima dei pasti aiuta l’apparato digerente in quanto stimola la secrezione dei succhi gastrici, mentre se assunto con dosaggio più elevato (circa 4 g) stimola la peristalsi intestinale divenendo un blando lassativo ed è un’ottima soluzione erboristica in caso di problemi di fegato.
Il rabarbaro è utile per abbassare il livello di colesterolo e, considerando il suo bassissimo apporto calorico, anche come alimento per chi deve perder peso. È indicato per combattere i radicali liberi, come coadiuvante per chi soffre di emorroidi e, recentemente, sono state attribuite a questa pianta anche proprietà antitumorali. La presenza di ferro aiuta inoltre la circolazione sanguigna, mentre la presenza di vitamina k è un toccasana per il cervello.
Controindicazioni: il rabarbaro è controindicato in caso di gravidanza, di allattamento e di occlusione intestinale e diverticoli.
Usi in Cucina
Prima di ogni cosa è d’obbligo una premessa: anche se ottime, l’uso delle foglie di rabarbaro è fortemente sconsigliato poiché, essendo ricche di acido ossalico, possono portare a forti intossicazioni.
Sono inoltre da evitare per chi soffre di calcoli renali e non vanno assolutamente ingerite crude (in questo stato sono tossiche e possono provocare bruciore alla gola, nausea e vomito).
Detto ciò, il rabarbaro, pianta dal sapore acidulo e leggermente amarognolo, è largamente impiegato. Il rizoma ed i gambi sono utilizzati sia dall’industria dolciaria nella preparazione di dolci di vario genere e caramelle, che da quella liquoristica negli amari tonico-digestivi. Da entrambe le industrie viene inoltre usato come aroma per correggere il sapore di altre preparazioni.
Per quanto riguarda l’uso casalingo, il rabarbaro è particolarmente indicato nei dolci o nelle confetture (esalta, ad esempio, il sapore delle ciliegie o delle fragole) e può essere l’ingrediente principale di crostate o bavaresi. Sbucciato e tagliato a dadini è ottimo nell’insalata con le patate lesse, le carote e gli asparagi, mentre in padella (ad esempio con le cipolle rosse, una foglia di alloro e del vino rosso) può essere un buonissimo contorno dal sapore agrodolce.
Curiosità
Fatto macerare nel vino bianco per un paio di giorni è un’efficace lozione per i capelli che dona un bel colore amaranto.
Sotterrare alcuni pezzetti di rabarbaro accanto a cavoli e verze allontana i parassiti responsabili dell’ “ernia del cavolo”, una malattia che causa il deperimento di queste varietà orticole. (damgas.com)